Un esperimento chiave per la missione spaziale "Life

Con una rete di cinque satelliti, l'iniziativa internazionale Life guidata dall'ETH di Zurigo spera di rilevare un giorno tracce di vita sugli esopianeti. Un esperimento di laboratorio presso il Dipartimento di Fisica mostrerà ora se il metodo di misurazione previsto funziona.

Illustrazione di cinque satelliti che si fronteggiano per formare un grande telescopio spaziale.
Cinque satelliti della missione Life sono collegati in modo tale da formare insieme un grande telescopio spaziale. (Grafico: ETH di Zurigo / Iniziativa Life)

I fatti più importanti in breve

  • L'Iniziativa Life, guidata dall'ETH di Zurigo, mira a rilevare un giorno tracce di vita sugli esopianeti.
  • Un esperimento di laboratorio in condizioni realistiche è progettato per dimostrare la fattibilità tecnica.
  • Il progetto può ora essere realizzato grazie a una sovvenzione di tre milioni di euro.

"? un passo importante su una strada molto lunga", sottolinea Adrian Glauser, scienziato senior dell'Istituto di particelle e astrofisica dell'ETH di Zurigo. Alla fine di marzo, insieme a Sascha Quanz, l'ETH professore di astrofisica e capo del gruppo Esopianeti e Abitabilità, ha appreso che la Confederazione Svizzera finanziava il progetto "Nice". nell'ambito del programma Prodex (PROgramme de Développement d'EXpériences scientifiques) dell'Agenzia spaziale europea (ESA) con un contributo finanziario di quasi tre milioni di euro. Ciò consentirà ai ricercatori dell'ETH di sviluppare importanti basi tecniche, senza le quali l'ambiziosa missione spaziale "Life" non potrà essere realizzata.

La caccia alle tracce di vita

La Life Initiative - l'abbreviazione sta per "Large Interferometer for Exoplanets" (Grande Interferometro per Esopianeti) - un giorno studierà in modo più approfondito gli esopianeti di tipo terrestre, ossia pianeti simili alla Terra per dimensioni e temperatura, ma che orbitano attorno ad altre stelle. In particolare, l'attenzione è rivolta ai sistemi planetari che si trovano in un raggio massimo di 65 anni luce dal nostro sistema solare. Il piano prevede di posizionare cinque satelliti più piccoli nel punto di Lagrange L2, dove si trova il James Webb Space Telescope. Insieme, formeranno un grande telescopio che agirà come un interferometro per catturare la radiazione termica degli esopianeti nella gamma degli infrarossi. Lo spettro della luce potrà poi essere utilizzato per dedurre la composizione degli esopianeti in esame e delle loro atmosfere. "Il nostro obiettivo è rilevare i composti chimici nello spettro della luce che indicano la presenza di vita sugli esopianeti. L'atmosfera della Terra, ad esempio, contiene chiaramente ossigeno e metano, che sono prodotti dall'attività biologica", spiega Quanz, che dirige la Life Initiative.

Quattro ricercatori dell'esperimento di Nizza in laboratorio.
Portano avanti l'esperimento Nice: Mohanakrishna Ranganathan, Sacha P. Quanz, Adrian M. Glauser e Thomas Birbacher (da sinistra a destra). (Immagine: ETH di Zurigo / Kilian J. Kessler)

L'Agenzia spaziale europea Esa sta dando priorità alla missione. Life è considerato un candidato per una futura importante missione scientifica dell'Esa. Tuttavia, le immagini futuristiche che già illustrano come i cinque satelliti opereranno nello spazio non devono oscurare il fatto che il progetto è un tour de force tecnico e che molte domande rimangono in apertura. Una domanda chiave, ad esempio, è se le misurazioni potranno essere effettuate nel modo previsto dagli scienziati.

Strumenti di misura di alta precisione

Il problema principale della ricerca sugli esopianeti è identificare la debole luce che gli esopianeti riflettono o emettono accanto a quella molto più luminosa della stella madre. "Gli strumenti devono essere in grado di vedere la luce di una lucciola situata accanto a un faro a 4000 chilometri di distanza", afferma Glauser, spiegando le esigenze degli strumenti di misura.

Poiché la stella madre non può essere sfumata meccanicamente nel telescopio Life, questa fonte di interferenza deve essere eliminata con la cosiddetta tecnica dell'interferometro di nulling. La luce della stella madre, che viene captata dai singoli satelliti, viene sovrapposta mediante sfasamento in modo tale da annullarsi a vicenda. La luce dell'esopianeta, invece, che colpisce i satelliti con un angolo leggermente diverso, non viene annullata da questa sovrapposizione. In questo modo è possibile vedere gli oggetti deboli accanto alla stella luminosa e riconoscere in primo luogo eventuali tracce di composti chimici.

Tecnologia spaziale

I ricercatori planetari hanno già dimostrato in precedenti esperimenti che la tecnica dell'interferometro di nulling funziona in linea di principio nella gamma delle onde infrarosse. Ora si tratta di capire se il principio di misurazione può essere utilizzato anche per i deboli pianeti simili alla Terra. "Per garantire che i segnali infrarossi, già deboli, non siano disturbati dal calore ambientale, dobbiamo effettuare le misurazioni nelle condizioni di freddo estremo che prevalgono nel punto di Lagrange L2", spiega Glauser.

Nell'esperimento di Nizza - l'acronimo sta per "Nulling Interferometer Cryogenic Experiment" - l'apparato di misura si trova in una camera fredda, che viene raffreddata a una temperatura di -260 °C. Ci sono anche alcune domande fondamentali a cui rispondere: Come si possono regolare dall'esterno i dispositivi di misurazione nella camera con una precisione nanometrica, in modo da sfumare in modo ottimale la luce stellare simulata? E quali materiali sono adatti a questo scopo? "In questo progetto lavoreremo con partner industriali che hanno esperienza con le tecnologie spaziali", spiega Glauser. "Il nostro obiettivo con questo esperimento è sviluppare un metodo di misurazione che possa poi essere utilizzato nello spazio", avvicinando così di molto la realizzazione della missione Life Initiative e la ricerca della vita oltre la Terra.

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